sabato, luglio 01, 2023

Perchè le proteste colpiscono le opere d'arte?


Non voglio entrare nel merito delle “proteste” di quel movimento autodenominatosi “ultima generazione”, né indagare su quali siano finanziamenti e copertura politica di questo gruppetto (si tratta per loro stessa ammissione di circa 100 persone attive, il resto sono attivisti da twitter, ovvero nulla). Quello che mi interessa è capire il perché questa protesta si esprima, in Italia ma anche altrove attraverso il colpire le opere d’arte esposte nei musei, o addirittura monumenti come la Fontana di Trevi.
Normalmente le proteste colpiscono i simboli che incarnano quel potere a cui ci si vuole opporre. Gli anarchici di fine ottocento e di inizio novecento colpivano Re e Regine o comunque simboli del potere, della ineguaglianza politica prima che sociale, e i simboli monarchici erano la rappresentazione della sacralità del Potere. Nel sessantotto ci si ribelleva contro l’autoritarisimo, e i poliziotti o i magistrati erano l’incarnazione più evidente di questo, ma lo erano anche certi professori universitari, denominati “baroni”.
Durante il cosidetto movimento No global i black block  a Seattle e poi successivamente in Europa, colpivano i simboli della globalizzazione finanziaria e industriale, le banche, i Mac Donald, gi uffici delle multinazionali petrolifere.
Ma questi “attivisti del clima” come vengono definiti dai loro amici dei giornali mainstream, se la prendono non con i petrolieri o le banche (che probabilmente li foraggiano), ma con le opere d’arte (e con la libertà di circolazione delle persone, in aggiunta).
Ora perché colpire l’arte e la cultura come dei talebani?
Ci sono due spiegazioni: la prima è per avere un impatto mediatico. Però altre forme di protesta potrebbero avere lo stesso impatto, anche perché l’impatto è perlopiù negativo. Se attacchi la Fontana di Trevi causando danni sia all’immagine della città di Roma, sia danni che i cittadìini saranno chiamati a pagare in vece tua, di certo non ti fai molti amici, e difatti la popolarità degli imbrattatori è scarsissima. Scioperi della fame, sit in pacifici, balletti per la strada potrebbero portare maggiore adesione fra le persone.
Certamente le ultime generazioni giovanili sono le generazioni dei social di tik tok e l’esibizionismo ed il narcisismo sono i tratti spesso caratteristici di bunoa parte di questa generazione,
Ma non basta questo come spiegazione. E a questo punto urge una seconda linea di analisi.
Perché l’Arte quindi? Io credo che l’arte sia una delle cose che distingue l’essere umano dagli altri animali del pianeta. Checché ne dicano i sedicenti antispecisti, una delle tante differenze fra uomo e animale è data dal fatto che il primo sviluppa una cultura, ed esprime il proprio essere attraverso le varie forme artistiche, dalla musica al teatro alle arti visive. Il colpire quindi l’arte o una parte di essa è voler colpire la specificità dell’essere umano. Difatti il pensiero ecologista da sempre dipinge l’uomo come il grande colpevole, quello che rovina la natura, che, nel pensiero mistico dell’ecologismo è perfetta e buona per definizione, ergo tutto ciò che accade di sbagliato nella natura non può essere altro che colpa dell’uomo. Questo pensieto misantropico che è la base di pensiero di certo ecologismo, ha avuto la sua celebrazione negli anni 70 con il Club di Roma, un gruppo facente parte della classe dirigente, che già allora parlava di limiti dello sviluppo  e definiva l’umanità “il cancro del pianeta” quindi una malattia da limitare e combattere, se non da estirpare. Questa idea si chiama, in dottrina economica, malthusianesimo. Per i contestatori di oggi ogni cosa che succede nel clima è colpa della anidride carbonica emessa dall’uomo, il grande colpevole,
Se, come i movimenti precedenti, vogliono colpire i simboli di ciò contro cui protestano, allora bisogna ammettere che colpendo i capolavori dell’arte vogliano colpire l’unico animale che si esprime attraverso l’arte, e cioè l’uomo, in quanto considerato “cancro del pianeta”.
 

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