mercoledì, dicembre 29, 2010

FIAT: come far diventare l'operaio uno schiavo.



Il cosidetto accordo Marchionne rappresenta non solo un gigantesco passo indietro nelle relazioni industriali ma un punto di non ritorno sulla strada della barbarie a cui il capitalismo in crisi di questo inizio millennio sembra voler condannare se stesso e l'intera società. Un accordo che prevede più ore di lavoro (fino a 10 al giorno ) però in compenso meno minuti di pausa, il non pagamento dei giorni di malattia oltre un certo limite (bassissimo: 4% significa un giorno al mese ) e l'abolizione della rappresentanza dei sindacati, e di in più promette rappresaglie per coloro che osassero alzare la testa, o non sottoscrivendo questo "accordo" o scioperando contro,prevedendo sanzioni che arrivano al licenziamento non può altro che essere considerato altro che un atto di violenza e di barbarie.
Infatti è certamente e di gran lunga più violento un diktat del genere, con il quale di fatti si passa dal lavoro salariato alla schiavitù, e si trasforma la fabbrica da posto di lavoro in lager, che non quattro uova e due sassi scagliati per rabbia e frustrazione durante una manifestazione studentesca.
Ed è ovvio che questo è l'apripista ad un nuovo, ma in realtà vecchissimo, modello di relazioni industriale, quello che è durato fino alla caduta del fascismo, il padrone comanda e gli altri obbediscono, possibilmente ossequiosi e contenti.
Ed è sconcertante che, ancora una volta, i vertici del PD, si dicano possibilisti, a addirittura favorevoli, come nel caso di Fassino, a questo obbrobrio sociale.
Evidentemente hanno intenzione di perdere qualche altro milione di voti e condannarsi definitivamente all'inutilità politica. Chi è causa del suo mal....

martedì, dicembre 14, 2010

314-311, Ovvero la vittoria di BerlusconPirro

Qualche giorno fa su FaceBook, (sì ci sono finito anch'io, mio malgrado, e la cosa brutta è che mi diverte anche, nonostante ne avverta la futile inutilità ed anche dannosità, ma di questo parlerò un'altra volta) mi ero avventurato in una previsione: Berlusconi avrebbe salvato (provvisoriamente) le chiappe e di riffa o di raffa, ottenuto la fiducia per tre risicatissimi voti.
E così è stato.
Ora a parte le mie doti di veggente (ero sicuro che ce la faceva, uno o due era troppo poco, 4 o più troppo, im media stat virtus per cui 3 era il numero giusto oltre che cabalistico) quello che conta è la vittoria di Berlusconi, vittoria oggettiva perché evita l'umiliazione di essere sconfitto, che, per un vincente narcisista è un disastro psicologico prima che politico.
Però l'altro fatto oggettivo è che è una vittoria che non serve a niente, perché quei tre voti comprati dall'opposizione non garantiscono di certo la possibilità di avere un governo forte, che riesca a far approvare le leggi che vengono proposte al vaglio della camera dei deputati.
Di fatto si parla di allargamento della maggioranza all'UDC. Questo significa che comunque l'esperienza del governo Berlusconi targato PDL-LEGA NORD finisce qui, anche con la vittoria di oggi, e se ci sarà un futuro governo allargato UDC molto probabilmente non avrà Berlusconi a dirigerlo, e, se anche fosse, sarebbe un governo diverso da quello votato dai cittadini, e quindi illegittimo secondo quanto sostenuto dagli stessi fedelissimi del Cavaliere, e anche qui, debole in Parlamento e nel Paese.
Intanto, mentre questa ennesima farsa si consumava nelle sedi del potere, fuori studenti, precari, cittadini dell'Aquila e della Campania davano vita ad una imponente manifestazione che si è scontrata con le forze dell'ordine (o del disordine, visto l'oggettivo caos governativo).
Contestato in Aula e , quel che più conta, nelle piazze, in discesa disastrosa persino nei suoi sondaggi, Berlusconi appare sempre più simile al Mussolini del 25 luglio.
Se sopravviverà (politicamente parlando) ad oggi sarà come il Mussolini della Repubblica di Salò, obbediente servo di qualcuno più forte di lui che lo terrà sotto schiaffo.

domenica, dicembre 05, 2010

La crisi del Ceto Medio

L'ultimo rapporto Censis fotografa un cambiamento imprevisto, che ben pochi avevano preventivato: la crisi delle professioni autonome e delle figure imprenditoriali, quello che in sostanza era stato definito "ceto medio" e che, secondo la vulgata ideologica, comprenderebbe la grande maggioranza della popolazione.
Infatti, secondo il Censis mentre la popolazione dei lavoratori dipendenti (quelli che marxianamente andrebbero considerati con il termine di proletari) è aumentata del 16,2% per un totale di quasi due milioni e mezzo di unità, i lavoratori autonomi sono calati di 200.00 unità "portandone l'incidenza complessiva sul totale degli occupati dal 26,6% al 24,5%."
Colpiti in particolare la figura dell'imprenditore "tra il 2004 e il 2009 il numero di imprenditori e'passato da 400.000 a 260.000 (-35,1%) con una perdita netta di circa 140.000 unita', non compensata da significativi incrementi di altretipologie di lavoratori."
Spesso lavoratori autonomi ed imprenditori hanno dovuto ricorrere a prestiti anche da parte di familiari.
Evidentemente la globalizzazione e la crisi si sono fatti sentire, e le politiche dei vari governi, a dispetto del dichiarato liberismo, sono andate solo a vantaggio dei più grossi gruppi industriali e commerciali.
Questioni su cui riflettere.

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