martedì, marzo 31, 2009

Popolo della Libertà?

Come saprete tutti, tranne un paio che abitano sulla Luna (o Saturno) si è svolto lo scorso week-end il congresso fondativo di un nuovo partito:il Popolo della Libertà.
Altri si sono occupati dei vari aspetti di questo congresso da quelli più prettamente politici a quelli spettacolari.
Personalmente non ho capito bene cosa ci fosse da fondare, dal momento che il partito esiste da tempo, si è presentato ed ha addirittura vinto le elezioni, il capo era (si era) già eletto, tutti gli organi dirigenziali sono stati scelti dall'alto e sono state dette cose già ampiamente sentite.
Quello su cui si è soffermata la mia attenzione era la scelta del nome,scelta che ho sentito magnificare. Ad esempio, mi è capitato di sentire un cronista del GR1, in evidente estasi contemplativa, sottolineare come fosse importante la scelta di chiamarsi "Popolo", e di richiamarsi alla "Libertà", e vari altri commenti similmente entusiastici.
Io, francamente, trovo ben poco di entusiasmante nel nome scelto, anzi trovo preoccupante la scelta di quel nome e l'abbinamento tra popolo e libertà.
Partiamo da quest'ultima parola: Libertà.
Non mi metterò a filosofare sul significato di tale parola, mi limito a constatare che si tratta di parola che esprime un concetto astratto, e , come tutte le parole che esprimono concetti astratti, può assumere svariati significati, del tutto diversi e, addirittura, contrastanti tra loro.
Come tutti i concetti astratti, la libertà si definisce in base al proprio opposto, ovvero la mancanza di libertà.
Di fatto la parola libertà significa mancanza di schiavitù, non solo in arabo, come sosteneva quella frescona di Oriana Fallaci, ma anche nella nostra lingua, infatti erano chiamati liberti gli schiavi liberati.
Libertà come assenza di schiavitù, e schiavitù come assenza di libertà.
Che senso ha che un partito od organizzazione si ispiri oggi alla libertà?
In senso letterale, dovrebbe essere abbastanza scontato ai giorni nostri essere contro la schiavitù.
Tuttavia ci possono essere altri tipi di schiavitù, quella nazionale, ma l'Italia non è la Palestina, quindi anche qui non si capisce bene cosa c'entri.
Ci sarebbe la schiavitù del lavoro salariato, ma non mi pare che il partito dell'attuale Presidente del Consiglio voglia abolire il lavoro salariato, e nemmeno penso ad una maggiore equità salariale, per dire il vero, anzi.
Allora in che senso "Libertà"?
Sarebbe facile fare del'ironia, e magari pure del sarcasmo, sui guai giudiziari del Leader del partito e magari di qualcuno dei suoi collaboratori.
Scartata la facile ironia, mi chiedo quale sia il significato positivo di libertà.
Se uno è libero, è perché può fare delle cose. In sostanza, detta terra terra, è perché ha dei poteri.
Fondamentalmente la libertà è potere. Lo schiavo è totalmente in assenza di potere, non può disporre nemmeno della sua vita, che appartiene al padrone, che difatti poteva dargli la morte, e ricevere un conguaglio se un terzo uccideva lo schiavo.
Quindi è il potere quello di cui si parla, il poter fare, non si sa bene cosa, comunque chi è libero e libero perché esercita una qualche forma di potere.
Non mi pare che ci sia dell'altro nella concezione del PdL sulla libertà. Si tratta di un partito, come già detto, estremamente gerarchico, senza alcun tipo di dibattito interno, in cui tutto viene deciso dal leader, a cui tutti devono sottostare (avete mai fatto caso al fatto che Berlusconi poggia la sua mano sulla spalla più lontana da lui della persona che parla, tenendolo sotto una specie di tutela, come rivendicare il fatto che quella persona lì parla, sì, ma solo perché lui è lì come garante di quello che dice,perché lui glielo concede insomma )
Questo potere da chi verrebbe esercitato?
La risposta sta nella prima parola: dal Popolo.
E qui divento ancora più inquieto.
Se la risposta fosse il Partito, sarei più tranquillo.
Partito, significa parte, vuol dire stare da una parte.
Partito dei comunisti indica quella parte, partito fascista, indica quella parte, partito delle donne, Partito dei giovani, partito dei pensionati (tanto per andare di fantasia) indicano delle parti, dei soggetti, delle idee.
Popolo, invece , indica il tutto.
La sovranità è del popolo, così si dice. Ma sappiamo che nella realtà non è così.
Non è il caso di discutere qui la democrazia rappresentativa, Personalmente sono convinto da tempo che i sistemi rappresentativi abbiano grossi difetti e problemi proprio dal punto di vista della rappresentanza.
Tuttavia il concetto di base della democrazia rappresentativa era proprio quello di poter rappresentare il più possibile la società e tutte le varie minoranze.
Perciò si è passato da sistemi a rappresentanza molto limitata a sistemi sempre più inclusivi ,allargando il diritto di voto a tutte le fasce sociali, ad entrambi i generi e abbassando il limite di età.
In una democrazia rappresentativa anche le parti più piccole hanno il diritto alla rappresentanza. ovvero al rispetto.
Nelle dittature le cose sono diverse: Anche nelle dittature la sovranità è del popolo(in teoria), e chi governa lo fa in nome del popolo, o ancor meglio della maggioranza del popolo.
Le minoranze non contano, non hanno diritti, né tutele, né rappresentanti.
Sono minoranze, non popolo, e , nei casi peggiori, sono nemici del popolo.
Perché se è giusto solo quello che la maggioranza del popolo sceglie (o si suppone abbia scelto o debba scegliere) allora le minoranze, in quanto tali, hanno torto, e non fanno parte del popolo.
Il partito esprime la parte, dunque, mentre il popolo esprime il Tutto.
Non a caso, il Leader del PdL ha chiamato "Minoranza" l'opposizione.
E quanto volte abbiamo sentito, negli ultimi anni, dire che gli italiani hanno deciso, o la pensano così o cosà,a fronte magari di semplici sondaggi d'opinione (che, appunto, sono sondaggi di opinione, non oro colato) che indicavano maggioranze risicatissime, o anche non risicate, ma certo non espressione del 100% dei pareri.
Insomma la scelta del nome è molto chiara: noi siamo il popolo, l'espressione del tutto, e siamo (per) la libertà.
Chi non è con noi, non è popolo, ma minoranza, e non è per la libertà, quindi destinato a rimanere minoranza in eterno.
E questo con buona pace di quelle anime belle che credono nel bipolarismo come anticamera dell'alternanza.

venerdì, marzo 27, 2009

Lavorare di più? e se invece...

Qualche giorno fa, accendendo la televisione, ho potuto sentire il Presidente del Consiglio affermare che, per uscire dalla crisi "gli italiani devono lavorare di più.
Sono stato immediatamente colto da un attacco di sindrome di Tourette, e ho incominciato ad inveire ripetutamente e "senza soluzione di continuità".
Il giorno dopo ho appreso, credo dalla versione online di qualche giornale, che lo stesso ha invitato i disoccupati "a darsi da fare".
Non ho battuto ciglio, un po' perché avevo finito gli insulti, un po' perché rassegnato.
Tutto sommato, poi, non è nemmeno vero che Berlusconi sia un "cretino" (questo l'appellativo più gettonato).
E' un folle, forse, ma non un cretino.
Nella sua follia c'è un metodo, che paga anche, ma non c'è stupidità.
Direi, piuttosto, che il tipo in questione è fuori dalla storia.
Non è il solo.
Riflettiamo:
A proposito di questa crisi si dice che sia una crisi esclusivamente finanziaria provocata da "titoli tossici". Insomma,l'economia mondiale sarebbe come un omaccione robusto che ha fatto un'abbuffata di funghi, e qualcuno di quei funghi, non essendo un porcino o altro fungo commestibile, ma essendo "tossico" ha provocato un'avvelenamento, dal quale il paziente, dopo un po' di medicine, più o meno amare, si risolleverà, e potrà tornare a mangiare funghi, fino al prossimo avvelenamento.
E' facile capire come questa sia una verità di comodo.
La borsa, la finanza, sono sempre state speculative, è nella loro natura. E gli imbroglioni e i titoli "tossici" ci sono sempre stati. Basti pensare ai Bond Argentini, ai casi delle piramidi in Albania, ai vari fondi pensionistici inglesi che sparivano nel nulla, a causa di qualche rampante Yuppie.
Ma se questo dovesse provocare crisi così profonde a livello mondiale, allora il sistema sarebbe perennemente in crisi.
E' poco convincente questa teoria, e la teoria che la supporta, ovvero che sia una questione di fiducia e pessimismo, che produce cali dei consumi e quindi del PIL.
Quando ci sono intere catene di negozi che chiudono, quando ci sono fabbriche che dismettono, cali della produzione a due cifre e che toccano il 30/40%, è difficile dare la colpa al semplice pessimismo.
In realtà è evidente che siamo di fronte ad una crisi di sovrapproduzione.
Il livello tecnologico raggiunto ha consentito di produrre in tempi brevi e con un numero di addetti inferiori quantità sempre maggiori di beni, molto spesso non necessari o voluttuari, come suol dirsi.
Il fatto che non sia necessario lavorare tanto come una volta, e che dovrebbe portare, in una società razionale alla riduzione generalizzata dell'orario di lavoro, si scontra con il fatto che viviamo in una società dove la razionalità esiste, ma è volta al profitto di pochi.
Se ai pochi conviene impiegare meno addetti e farli lavorare di più (come dice il neo-duce)allora quello è ciò che succede.
Le conseguenze sono ovvie: aumento degli impiegati statali, messi per lo più a scaldare seggiole (poi gli si può dare dei fannulloni, ma non sono stati assunti per lavorare) precarizzazione dei lavoratori, lavori a part time.
Sull'altro lato si tende addirittura ad aumentare la vita lavorativa, altra cosa che impedisce ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, tanto Papà e mamma li mantengono, e poi gli si dà dei "bamboccioni", sempre con la stessa ipocrita non curanza con cui si dà dei fannulloni agli statali (tranne gli impiegati nelle forze dell'ordine che pare lavorino tantissimo per antonomasia).
Aggiungiamoci i tagli alle pensioni, e quello schok che stato l'adozione dell'euro con impennate inflazionistiche mai calcolate realisticamente, il peso del "fiscal drag" ed avremo una situazione in cui i redditi da lavoro sono drammaticamente scesi a beneficio di introiti fiscali e redditi da capitale.
Se poi teniamo conto che gli introiti fiscali sono stati usati o per aumentare ulteriormente l'elefantiaco Stato , o a sostegno ulteriore dei redditi da capitale, non c'è da stupirsi che gli italiani (e gli europei) abbiano da tempo esaurito la propria capacità di spesa.
Esaurita anche perché da anni abituati a comprare cose inutili, dai telefonini alle automobili, il cui mercato è stato drogato da dozzine di "rottamazioni" vendite rateali eco-incentivi (incentivo a cosa, all'inquinamento) e chi più ne ha più ne metta.
Non è quindi di certo "lavorare di più" la soluzione al problema, visto che è esattamente una delle cause della attuale crisi, che non è, ripeto, congiunturale, ma sistemica.
In realtà bisognerebbe al contrario, lavorare di meno, e meglio, producendo beni più durevoli che non necessitino di essere sostituiti pochi anni o addirittura mesi dopo essere stati acquistati, e consumando (perché bisogna consumare, non facciamo i pauperisti antimodernisti, please!) quel che è giusto, senza esagerare, anche perché di posti dove gettare i rifiuti ce ne sono sempre meno.
Questo produrrebbe calo della disoccupazione reale o mascherata che sia, meno criminalità e meno inquinamento.

mercoledì, marzo 18, 2009

Mi ricordo..Fausto e Jaio




18 Marzo del 1978. Sono passati 30 anni. Trent'anni più uno. Ero poco più di un bambino, mi ricordo che avevano rapito Aldo Moro, e ucciso quelli della sua scorta. Erano state le Brigate Rosse.
Mi ricordo che un paio di mattine dopo, era un domenica, mio padre mi svegliò dicendo: " è successo un casino, hanno ucciso due ragazzi del Leoncavallo".
Mi ricordo che mio fratello andò alla manifestazione degli studenti, lui , allora, figiciotto, contravvenendo agli ordini del partito.
Mi ricordo di un mio compagno di classe, che disse che aveva visto il sangue sul marciapiede.
Mi ricordo di centomila persone ai funerali, gli operai che avevano disertato le fabbriche, alla faccia del sindacato che non lo voleva, gli studenti, le donne, i bambini.
I cittadini di Milano.
Mi ricordo la rabbia e le lacrime.
Mi ricordo qualche anno dopo una mia amica scoppiare a piangere dopo la proiezione di un film su di loro, Fausto e Jaio, uccisi a diciotto anni.
Troppo giovani per morire, persino allora.
Poi non mi ricordo, ma so, di un giornalista coraggioso che aveva una valigetta piena di segreti, e quel giornalista morì, travolto da un pirata della strada rimasto sconosciuto, e la valigetta sparì, e i suoi segreti rimasero sconosciuti anche'essi.
So della banda della magliana e dei NAR.
So che qualcuno giocò sporco perché voleva gettare l'Italia nel caos.
So di una giustizia che non è mai arrivata.
So che non vi dimenticherò.
Fausto Tinelli e Lorenzo Jannucci.

giovedì, marzo 12, 2009

Uscire dalla crisi

Viviamo in tempi di crisi, non da oggi, ma oggi in modo particolare. Crisi economica, certo, ma anche politica e morale.
Le ricette per uscire da questa che ci vengono proposte sono, nel migliore dei casi, minestre riscaldate: Dare soldi a quelli che hanno creato la situazione attuale, stringere la cinghia, fare finta di niente, tanto prima o poi il mercato ci penserà lui.
Io ho l'impressione che questa crisi non sia semplicemente finanziaria, ma sia una classica crisi di sovrapproduzione, di bisogni indotti che non reggono più (ma veramente abbiamo bisogno di un telefonino con cui scattare foto, navigare su internet, che suoni e magari parli pure?) insomma sia una crisi sistemica.
come uscirne?
un suggerimento ce lo danno The Jam, in questa vecchia, ma per nulla invecchiata canzone


Che qui traduco parzialmente

Immagina se domani i lavoratori scioperassero,
non solo la British Leyland ma il mondo intero
chi gli farebbe guadagnare i loro profitti?
Chi fabbricherebbe le loro bombe?
Vedresti la mano dell'oppressione annaspare
e il loro sistema schiantarsi al suolo
e voi uomini in uniforme dovrete imparare la lezione
e non rivolgervi contro la vostra gente,
anche se il governo ve lo chiedesse
(...)
avere il proprio futuro nelle proprie mani
è una grossa responsabilità a cui far fronte,
ma almeno sarete padroni di voi stessi!


Trans Global Express - The Jam 1982

sabato, marzo 07, 2009

Telefilm: The Listener

Pompata da una massiccia campagna pubblicitaria è arrivato sugli schermi della TV satellitare una nuova serie TV, intitolata The listener.
La cosa interessante ed inedita non riguarda tanto il telefilm in sé, ma il fatto che, per la prima volta, un telefilm venga trasmesso in contemporanea in, così dicono, 180 paesi.
Addirittura viene mandato in onda prima che venga trasmesso dalla catena americana NBC (una delle più potenti) nel territorio americano.
La cosa è interessante,e potrebbe aprire nuovi scenari nel campo televisivo.
Ho sempre trovato irritante questa cosa, cioè il fatto che dei telefilm che vanno molto bene negli USA e magari a noi (noi europei ed italiani) non piacciono tanto, ci vengono propinati comunque, serie televisive che da noi furoreggiano o almeno vanno bene, magari vengono cancellate perché negli USA non hanno successo.
Per meglio dire, le vediamo sapendo già che sono state tagliate e rimarremo a metà del racconto.
Se questo nuovo metodo ci permetterà di influire sulle decisioni dei network statunitensi, senza subirle sempre, ben venga.
Probabilmente, se non sicuramente, si tratta di una strategia di mercato nata proprio dalla consapevolezza che spesso non viene sfruttato il potenziale che queste serie potrebbero avere a livello mondiale.
Certo una strategia così nuova forse avrebbe dovuta essere applicata ad una serie migliore di questa The Listener.
A giudicare dal pilot non sembra essere un telefilm di grande qualità, anzi.
Lo spunto della storia è tutt'altro che originale. Un infermiere, un paramedico per la precisione, dotato della qualità di leggere nel pensiero.
In realtà c'è un trucco perchè lui pare avere delle proprie e vere visioni.
Spunto narrativo quindi, visto e rivisto in decine ormai di seria, a memoria mi vengono in mente Tru Calling, Medium, Ghost Whisperer. Anche in Angel, il personaggio di Cordelia aveva delle visioni.
Il protagonista è un belloccio dall'aria abbastanza normale e anche leggermente rintronata, affiancata da una fidanzatina tanto carina quanto insignificante e amico sovrappeso e scemo, come vedete siamo nello stra banale, e per completare il quadretto ecco come coprotagonista una poliziotta che sembra uscita dall'ultimo numero di playboy, il che non rende la cosa più credibile.
Come pilot mi è poi parso molto debole: non sembrava di essere di fronte ad una prima puntata, dove si dovrebbero spiegare le cose dall'inizio, ma ad una quarta o quinta puntata, in cui c'è qualcosa che è già successo prima e che spiegherebbe quello che si sta vedendo.
Il che produce un certo spaesamento nello spettatore.
La trama era poi francamente confusa, e non sono veramente riuscito a capire le motivazioni di quello che ci veniva mostrato (il rapimento di un bambino da parte di un poliziotto)
Insomma, non so come funzionerà come esperimento di marketing, o come nuova frontiera della televisione, come telefilm mi pare funzioni poco.
Poi magari diverrà "il caso dell'anno".
A giudicare dalla prima puntata, non lo credo.

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