giovedì, marzo 18, 2010

Una faccia di tolla (e da servo)



Tra gite fuoriporta, impegni e acciacchi fisici questo mese non riesco a scrivere quanto vorrei; però tra i tanti pensieri ed argomenti possibili ne prendo uno, forse banale,ma che tocca uno delle costanti di questo paese sventurato nel quale mi tocca vivere.
Quello del servilismo nei confronti dei potenti.
Ecco, la figura che, a mio modo di vedere, in questo momento meglio rappresenta questo servilismo è quella del direttore del TG1 Minzolini.
Messo alla guida del più importante Telegiornale italiano o almeno, del più importante Telegiornale che va sulle reti pubbliche, dal proprietario del canale dove va il suo diretto concorrente nella lotta al primato Auditel, ovviamente mi riferisco al Telegiornale di Canale 5, il Minzolini si è comportato non da professionista che cerca di controbattere alla concorrenza e al sospetto di non essere del tutto imparziale con le uniche arme che avrebbe dovuto impiegare, ovvero quelle della professionalità e dell'imparzialità, ma da servo ossequiente e ottuso.
Il primo passo è stato un editoriale in occasione di una manifestazione per la libertà di stampa in cui si dissociava da questa iniziativa.
Ora un giornalista può benissimo non associarsi a forme di protesta che non condivide, ma da quando in qua un direttore di un Telegiornale deve sentire il dovere di fare un editoriale per dissociarsi da queste?
Come direttore dovrebbe mantenere un profilo di distacco ed obiettività, dare e far dare le notizie relative lasciando alla pubblica opinione il diritto di formarsi la propria idea.
Successivamente ha evitato con cura di parlare dell'inchiesta di Bari, quella tanto per intenderci che riguardava la frequentazione di allegre signorine, tra cui la nota Patrizia d'Addario, da parte del Presidente del Consiglio.
Dopo questi episodi ve ne sono stati altri, tra pressioni sui giornalisti, raccolte di firme, rimozioni dall'incarico di questo e di quello, fino ad arrivare al clamoroso falso sulla sentenza Mills, per cui un reato caduto in prescrizione diventa magicamente, secondo il TG UNO minzoliniano, un'assoluzione.
Qui siamo di fronte ad un vero e proprio imbroglio, una vera truffa, una vera ed evidente opera di manipolazione e disinformazione dell'opinione pubblica,e soprattutto, ad un vero e indifendibile atto di servilismo verso il Potere.
Qualche giorno fa il Minzolini se ne viene fuori con una di quelle affermazioni che questo genere di persone è solito fare quando viene messa alle strette, quando l'opinione pubblica, libera stampa e qualche mente pensante finalmente si indigna per i loro comportamenti, ovvero darsi alla (poco) nobile arte del rigiramento della frittata, che consiste, generalmente, nel paragonarsi a qualche illustre personalità del passato allo scopo di passare per vittima e, magari eroe.
Così il Minzolini ha affermato che "Di Pietro che vuole sbattermi fuori a pedate è come i fascisti che bastonarono Giovanni Amendola.
Già, proprio così.
Peccato che Amendola fosse un antifascista che si batteva contro il Potere di allora e denunciava il sorgere di un regime antidemocratico, pagando con la vita tale coraggio, mentre lui, il nostro Minzolini, è un lacché di quelli che stanno per imporre un sistema antidemocratico, ed il coraggio ce l'ha sotto la pianta dei piedi, visto che non ha nemmeno il coraggio di dire le cose come stanno, che più che un coraggio sarebbe semplicemente il suo dovere, la ragione per cui prende un lauto stipendio.
Ecco, quando tutto questo sarà finito, perchè presto o tardi questo sconcio finirà, non dovremo ricordarci solo dei Bossi e dei Berlusconi, ma anche dei Minzolini, dei Belpietro, di tutti questi servi sciocchi e tristi, con in faccia prestampato un sorriso da idioti e sulla lingua cumuli di menzogne, di questi cortigiani del Principe, perché, parafrasando il titolo di uno dei dischi degli Area, gli dei se ne vanno, ma i leccaculo restano.

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