giovedì, dicembre 08, 2011

Su Berlusconi ed il tramonto dell'antipolitica

Non ho ancora scritto nulla sulle dimissioni del Governo presieduto da Silvio Berlusconi. Ne ho già scritto talmente tanto in passato che tutto sommato penso fosse abbastanza inutile, e credo anche di essere stato tra i primi a dire che Berlusconi fosse ormai sul viale del tramonto. Aggiungo però una riflessione al mare di parole che sono state, più o meno sensatamente spese sull'argomento. Credo che la fine del Berlusconismo sia anche la fine (temporanea, molto probabilmente) di un certo tipo di antipolitica di tipo qualunquista/piccolo borghese. Se andiamo a vedere le ragioni per cui una fetta,non certo maggioritaria, ma consistente dell'opinione pubblica si era affidata a Berlusconi, sono quelle di una certa visione antipolitica della politica.
Difatti si diceva che Berlusconi fosse più affidabile in quanto non era un politico di professione. Ragionamento un tanto contorto: sarebbe come dire che al posto di Abbado o Pollini a dirigere l'orchestra della Scala ci si dovrebbe mettere il mio salumiere. Questo discorso si poggiava su altre due discutibili affermazioni: la prima era che Berlusconi era un uomo di successo e "si era fatto da solo", la seconda era che, essendo già ricco, non avesse bisogno di rubare.
Per qaunto riguarda il primo punto, il fatto che uno sappia badare, fin troppo bene, al proprio bene personale non costituisce prova certa che possa fare altrettanto per il bene pubblico, anzi. Da questo putno di vista un missionario sarebbe certamente più affidabile di un uomo d'affari qualsivoglia. E per quantto riguarda il "farsi da solo" bisognava chiedersi come fosse arrivato al successo, e si sarebbero scoperte cose alquanto imbarazzanti, sulle quali il Nostro ha sempre glissato non troppo elegantemente. e qui arriviamo dritti al secondo punto: credere che l'onestà sia data dall'appartenere ad una data classe sociale, e che se uno ruba sia solo per necessità. Certo, esistono pensionati o ragazze madre che rubano per necessità, per povertà, ma se andiamo a vedere la gran parte dei furti e dei crimini vengono compiuti da chi i soldi già ne possiede ed in abbondanza.
Anche i capi mafia in fondo potrebbero accontentarsi di quel che hanno, ed invece...
In realtà l'esercizio del potere da un lato induce chi lo esercita ad appropriarsi di ciò che non gli spetta, dall'altro lo rende quasi una necessità; per allargare la propria base di consenso devi disporre di grandi risorse e distribuirle a chi ti può aiutare, da qui il clientelismo, la copertura dei propri affiliati che si caccino nei guai, il creare reti di rapporti basati sul dare/ricevere favori (vedi P2, P3 P4 etc). E' una regola a cui pochi sfuggono, e non si capisce perché uno che ha raggiunto il successo con mille gabole (leggersi le varie biografie serie dell'uomo di Arcore per informazioni) dovrebbe infrangere tale "ferrea legge dell'oligarchia" per dirla alla Weber.
Che poi da uno che si è spacciato e si spaccia per "uno di noi" si passi ad un tecnocrate che nemmeno fa finta di avere qualcosa in comune con coloro che si appresta a spennare può essere considerata come una nemesi oppure come un rientro nella normalità o ancora come una semplice necessità, a seconda delle proprie convinzioni, ma il fatto è che, forse, di un certo tipo di retorica ci siamo liberati.

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