La sentenza con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sentenziato la non obbligatorietà dell'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche ha dato il via al solito carnevale di mistificazioni, dichiarazioni estemporanee e prese di posizione ideologiche.
Innanzitutto va rimarcato che la interpretazione che è stata data, con titoloni a nove colonne con la frase ad effetto "via il crocifisso" è una doppia turlupinatura, sia perché la sentenza non è definitiva, sia perché in realtà stabilisce la Non obbligatorietà dell'esposizione, e non la vieta , né potrebbe farlo.
Quel che è vero è che la sentenza mette il dito nella piaga della mancanza di laicità dello Stato e della società italiana.
infatti Secondo la Corte europea "la presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, può essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso". In questo modo gli alunni "sentiranno di essere educati in un ambiente scolastico segnato da una determinata religione. Questo potrebbe essere incoraggiante per degli alunni religiosi, ma potrebbe anche perturbare gli alunni di altre religioni o atei, in particolare se appartengono a delle minoranze religiose".
Ridicola come al solito la reazione della Gelmini che sostiene che "la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione".
Come se il crocifisso fosse paragonabile al panettone o alla pizza, una questione folkloristica insomma.
Una dichiarazione che svilisce l'oggetto del contendere, e puzza tanto di tentativo di sviare il discorso buttandola sul patriottismo da due soldi.
In effetti non è un problema di tradizioni offese, ma di laicità dello Stato Italiano, di mancanza di indipendenza dei nostri politici dal Vaticano, e del peso che la Chiesa Cattolica continua e vuole continuare ad esercitare sulla vita pubblica di questo paese.
In Italia non c'è una religione di Stato, per cui non esiste alcuna giustificazione legale all'esposizione di qualsivoglia simbolo religioso, e forse per questo la Gelmini ed altri si attaccano alle "tradizioni".
Non esiste in realtà nessun motivo per cui venga esposto in aula il Crocifisso, che tra l'altro rappresenta il simbolo di una persona torturata, né dal punto di vista didattico, né da quello dell'educazione civica, né da quello del pluralismo, come ricordato dalla Corte.
Negli uffici pubblici gli unici simboli che dovrebbero, eventualmente, essere esposti sono quelli della Nazione, ovvero la bandiera nazionale, non vedo altri simboli che abbiano una legittimità.
A questo proposito mi viene in mente un divertente, ma anche scandaloso aneddoto.
Pare che l'ex sindaco di Milano Gabriele ALbertini, esponesse nel suo ufficio no la bandiera italiana, ma quella degli Stati Uniti d'America.
Forse anche questa sarà stata una questione di tradizione, chissà....
Blog di Pablo, continuazione ideale delle Pablo Pages. Qui si parla di tutto un po', secondo l'estro del momento: politica attualità, cinema, musica sport e cazzeggi vari....Presumo che chi capita qui sia mio amico, o almeno conoscente, altrimenti va bene lo stesso :-))
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1 commento:
...e Tosi, sindachino leghista di Verona, ha fatto togliere dal suo ufficio la foto di Napolitano (perché comunista) ed al suo posto ha messo quelle del papa e di Pertini.
Dicono i ben informati che ci volesse mettere anche Goldrake e i Pooh, ma aveva finito i chiodi...
ciao, cometa :-))
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